Note Critiche

Valeria Pontoglio è da considerarsi un’artista che ha fatto suo il movimento espressionista europeo, quella propensione ad esaltare il lato emotivo della realtà con “gli occhi dell’anima”. La sua poetica si pone il problema del recupero della figurazione, risolta seconda i moduli del realismo romantico italiano che si riallaccia alla storia dei nostri grandi artisti del Rinascimento. Valeria Pontoglio risolve la sua figurazione sviluppando una sorta di racconto fantasioso dove gli antichi ricorsi si dispongono simboli della modernità (vedi opere come “Aracne”, “Leda” o “… e infine uscimmo a riveder le stelle”). Lo stile di Valeria Pontoglio si distingue nell’uso di una materia cromatica in stesure piatte, lisce e continue, dentro la netta recinsione del disegno. L’occhio interno di questa artista si sostituisce a quello esterno creando un rapporto intimo fra etica ed estetica (vedi “Vieni, inseguimi, trovami” o “Hope Fully”).

La Pontoglio conosce bene la nostra storia dell’arte recuperando elementi romantici fra passato e presente, ritrovando finalmente il dato comunicativo dell’arte stessa. Il suo è un linguaggio raffinato, originale e di onirica figurazione. Anche i colori, a volte accesi e lucenti, non fanno altro che esaltare il suo lavoro. A mio avviso siamo di fronte ad un’artista che ha capito veramente i “segreti” della pittura.

Testo critico a cura di Eraldo di Vita


Enigmatiche geometrie, forme labirintiche che rimandano al concetto di infinito e simbologie ancestrali permeano i lavori di Valeria Pontoglio. L’artista racconta, attraverso antichi simboli allegorici, la storia di un umanità alla continua ricerca della conoscenza spirituale e del divino immanente, in perenne movimento nella ciclicità del tempo che racchiude in sé vita e morte.

L’alchimia dei suoi dipinti si esprime attraverso un’estetica pulita e un’eleganza formale racchiusa in un energico tratto calligrafico, nelle smaglianti cromie stese in campiture nette e uniformi e nell’uso dell’oro,elemento chimico per eccellenza, da sempre legato all’idea del divino.  Nuove forme di vita prendono corpo sulla tela, organismi dalle sembianze animali e vegetali che, come ornamenti fitomorfi, decorano l’opera sospesi in un denso magma colorato, come in liquido amniotico. Nei dipinti di Valeria Pontoglio ritroviamo l’infinito ciclo della vita percorso da intricati dedali dai quali l’uomo può liberarsi solo trovando il proprio filo d’Arianna. 

L’imperscrutabilità dell’universo e dello spirito viene sintetizzata nell’opera in spesse linee fortemente evocative e in forme sinuose o perfettamente geometriche che sembrano fluttuare sulla tela come in una galassia. 

Su queste immagini lo sguardo si concentra catturato da una sorta di ipnosi involontaria che ci riporta indietro nel tempo, alle origini del cosmo.

Testo critico a cura di Francesca Baccalà


Lavoro quasi esclusivamente con l’acrilico – afferma la pittrice – anche se mi piace sperimentare altre e nuove tecniche; prediligo i grandi formati. E, in effetti, sono proprio i lavori di notevoli dimensioni ad evidenziare le sue capacità di impaginazione e di stesura del colore, dettata da una vocazione poetica autentica. 

Osservando i suoi quadri, in cui emergono soggetti ed elementi scanditi da un singolare processo teso a cogliere l’essenza di quanto si vuole rappresentare, pare di ravvisare un discorso personalissimo di chiara venatura memorialista in cui il colore si fa autentica poesia di vita. Capo testa, Mediterraneo, Amore e Psiche…..questi i titoli di alcuni riusciti acrilici su tela ove la dimensione del ricordo pare essere stata filtrata con rara perizia introspettiva e sincritica dal lirismo di Valeria Pontoglio, per farsi limpida composizione, ove lo sguardo si posa su piani volumetrici ricchi di cadenzate cromie.

C’è poi, nei lavori dell’artista bergamasca, un andamento sensoriale che muove verso una sintassi meta-materica che possiede il dono del sogno e l’incanto dell’immaginazione, frutto di un cammino di ricerca di continuo divenire, evidente sintomo di un “gesto” creativo che va maturando secondo momenti di progressivo raccoglimento.

Bastano queste brevi annotazioni per comprendere quanto sia estremamente facile perdersi  in campiture che rivelano una disinvolta capacità di tratteggiare i segni di un infinito orizzonte immaginativo e di un dipingere realmente contemporaneo.

Testo critico a cura di Simone Fappanni


Nelle opere (acrilici su tela) di grandi e piccole dimensioni, è la trama del disegno, infatti, a porsi come struttura portante del quadro, nel quale le immagini prendono forma in ampie campiture coloristiche ,tendenti alla scansione geometrica ; nella sintesi di forme licie e semplici emergono i colori dominanti: i gialli, i blu i rossi. 

I caratteri d’un sempre rinnovato discorso per immagini confluiscono in strutture autonome, conservando la traccia della loro origine primaria, che sta alla base di una espressività gioiosa e felice. 

La Pontoglio ci presenta dei dipinti più che mai ragionati e suasivi tanto nella loro stesura e composizione strutturale, quanto nel suo intrinseco significato. I suoi quadri prendono l’avvio da un progetto ben preciso e definito del disegno, come punto di partenza di uno sviluppo delle immagini,  sigillate nel deciso contorno delle linee ed in un colore che evidenzia occultamenti e disvelamenti.

La semplificazione e la dinamicità della linea si coniugano felicemente coi valori-segnale del colore rappresentato.

Testo critico a cura di Enrico De Marchi


La figurazione di Valeria Pontoglio è orientata ad uno stile che potremmo definire di surrealismo moderno, nel senso che si avvale si delle norme specifiche del surrealismo in quanto tale, ma di proposito abbandona l’immagine realista per aprirsi a quella che meglio sa di astrattismo. 

Ne vengono dei dipinti più che mai “ragionati” e suasivi tanto nella loro stesura e composizione, quanto nel suo intrinseco significato, il che mette in chiaro risalto l’aspetto artistico dell’opera stessa.

Dotata di una seria preparazione per ciò che riguarda il disegno ed il cromatismo, Valeria Pontoglio si rivela pittrice già matura ed esperta, dimostrando una serietà di intenti e finalità che ben depongono a favore di una interpretatività a carattere logico e concettuale nel medesimo tempo. Le sue immagini, costruite con precisione segnica e con giusti equilibri tonali, diventano espressione di un animo ricco di sensibilità che va alla ricerca dei valori pittorici da manifestare con chiarezza di pensiero e senza improvvisazioni di sorta.

Le varie tematiche, trasportate in visualizzazioni che vanno al di là del fatto descrittivo, costituiscono motivo di attenta riflessione, quasi di indagine introspettiva del mondo che ci circonda con lo sforzo di mettere in risalto ciò che di autenticamente lirico si può cogliere.

Con profonda intuizione, quindi, Valeria Pontoglio si è scelta uno stile quasi innovativo per entrare in atmosfere di vera poesia mantenendosi sempre coerente con la sua personalità e cercando di offrire all’arte un contributo che, a nostro avviso, non è per nulla indifferente. 

Testo critico a cura di Lino Lazzari


Una pittrice bergamasca che, supportata da una solida conoscenza dell’opera dei grandi artisti del Novecento e da una buona preparazione tecnica, ha saputo trovare un proprio percorso espressivo. I suoi quadri ben testimoniano, oltre ad acquisite capacità tecniche, anche i diversi interessi della pittrice.

Sono infatti la passione per il mare, lo stupore per le scoperte archeologiche, l’amore per i viaggi ed in generale l’emozione che tutto questo suscita, le premesse dei suoi dipinti. Perché la Pontoglio prima di accostarsi alla tela rielabora il vissuto. Solo così le sue creazioni prendono forma e solo così sono in grado di mantenere vive le sensazioni provate. Attenta osservatrice del mondo esterno e curiosa sperimentatrice, Valeria Pontoglio con estrema disinvoltura passa da una tematica all’altra, senza mai deludere colui che guarda. 

Ecco allora la serie dei fari, tra i quali spicca quello di “Capo Caccia” che, costruito su alte scogliere, si staglia a picco sul mare, il quadro di piccolo formato “Ventotene da viaggio”, così chiamato perché esemplato su uno di analogo soggetto ma di grandi dimensioni (mt. 2.50 x  mt. 3.60), o ancora la gigantesca testa di “Medusa” e misteriosi frammenti greco-romani. E la predilezione per i ricordi di viaggi emerge anche dalle numerose opere dedicate alle terre lontane, all’Oriente ed in particolare all’India. La luce, le atmosfere, i paesaggi e le alte vette. 

Con pochi tocchi l’artista descrive tutto il fascino di quelle regioni. Ma anche i famigliari e gli amici più stretti entrano a pieno titolo nei soggetti raffigurati da valeria Pontoglio. Particolari anatomici, come le mani ed i piedi della figlia, o figure intere,come il fratello ritratto in un momento di riposo o una donna colta di schiena in tutta la sua sensualità. 

Ma non sono solo i soggetti i protagonisti dei lavori della Pontoglio. Anche la luce ed i colori giocano un ruolo di primo piano. Sicura nel tratto e attenta alla scelta cromatica l’artista bergamasca predilige infatti le gamme dei rossi, dei blu, dei verdi e dei gialli. Tonalità squillanti, decise sempre tuttavia sapientemente giustapposte.

Testo critico a cura di Laura Piccioni